È ormai noto agli addetti ai lavori come la CSRD abbia rivoluzionato il concetto di materialità e introdotto quello di materialità d’impatto. Come definito dall’EFRAG, una questione di sostenibilità è materiale dal punto di vista dell’impatto se “the undertaking is connected to actual or potential significant impacts on people or the environment and is related to the sustainability topic over the short, medium or long term”. Ciò include i) gli impatti direttamente causati o a cui ha contribuito l’impresa e ii) gli impatti che sono direttamente collegati alla catena del valore a monte e a valle dell’impresa.
Nei paragrafi successivi faremo una riflessione in merito alla capacità delle organizzazioni di misurare gli impatti e reperire i dati necessari al calcolo degli indicatori di sostenibilità, utili ai fini di tale misurazione.
Partiamo da una definizione: per impatto si intende l’effetto (negativo o positivo) generato (intenzionalmente o meno) da un’organizzazione nell’espletamento delle proprie operazioni di business.
Tutti generiamo impatti, specialmente negativi, sull’ambiente esterno che ci circonda, e li generiamo in misura differente sulla base delle nostre attività e risorse. Una persona appartenente ad una fascia di reddito medio-elevata che si reca tutti i giorni in ufficio con un’auto alimentata a benzina causerà un impatto emissivo superiore rispetto ad un soggetto che si reca a lavoro in bicicletta. Dall’altra parte, quest’ultimo potrebbe avere comportamenti meno responsabili durante l’anno, per esempio, acquistando molti beni prodotti all’estero e viaggiando esclusivamente in aereo.
A questo punto, chi ha un impatto emissivo minore? Chi ha uno stile di vita più sostenibile? Come misurare gli impatti emissivi in modo tale da comparare le due situazioni? Probabilmente si tratta di un confronto che non è possibile effettuare, per lo meno ad oggi, in quanto le condizioni di partenza dei due soggetti e le loro necessità sono completamente diversi. Siamo tutti individui unici, ognuno con i propri bisogni e obiettivi. Lo stesso vale per gli operatori economici.
L’impatto è quindi un concetto poliedrico in quanto chi lo genera è un soggetto (economico) poliedrico. Gli impatti differiscono dal settore di riferimento dell’impresa che lo genera, dalle sue caratteristiche dimensionali ed economiche, dai paesi in cui opera e dalla tipologia di attività svolte. Inoltre, può essere misurato in modi diversi: la scelta di KPI e la definizione di proxy per la valutazione dell’entità di un impatto sono aspetti fondamentali per una misurazione corretta.
Misurazione degli impatti
Una delle maggiori criticità riscontrate dalle aziende che hanno provato a misurare i propri impatti è che non esiste una metodologia standard che prevale sulle altre e che permette un confronto oggettivo tra più realtà. Nonostante le metodologie eterogenee, esistono modelli di riferimento comuni, come quelli proposti dal GRI (cfr. le indicazioni sulla materialità d’impatto riportate nel GRI 3: Temi materiali) e dall’EFRAG (cfr. le indicazioni sulla doppia materialità riportate nell’European Sustainability Reporting Guidelines 1 – Double materiality conceptual guidelines for standard-setting), che forniscono linee guida per l’identificazione e la valutazione degli impatti. Secondo tali indicazioni, Due Diligence di sostenibilità, coinvolgimento deglistakeholder e KPI adeguati non devono mancare in un processo di misurazione che possa considerarsi completo e accurato.
Accessibilità ai dati ESG
Un’ulteriore criticità legata alla misurazione dell’impatto è la reperibilità ed affidabilità dei dati utili al calcolo dei KPI.
Molto spesso le aziende si ritrovano alla fine dell’anno a voler/dover rendicontare l’impatto connesso ad una certa tematica e non riuscire a reperire le informazioni necessarie. È quindi fondamentale che le organizzazioni definiscano ex ante i dati necessari alla quantificazione degli impatti, in modo tale da poterli monitorare nel tempo e consentire un accesso tempestivo ai dati giusti nel momento in cui serviranno.
I dati non devono solo essere disponibili, ma anche solidi. Ciò significa che le organizzazioni devono:
· dotarsi di sistemi informatici che consentono di efficientare i flussi informativi, monitorare costantemente i KPI e di ripercorrere il processo di costruzione del dato che confluisce nei report ESG / Bilanci di sostenibilità (fattore che porta vantaggi anche in caso di Assurance esterna);
· definire ruoli, compiti e responsabilità nell’ambito del processo di raccolta e consolidamento dei dati ESG, ad esempio, identificando i) data owner che si occupino della registrazione periodica del dato all’interno di appositi sistemi e ii) “validatori” del dato che approvino le informazioni inserite a sistema.
Costruire una “governance dei dati” strutturata è il modo di garantire un processo di misurazione e rendicontazione affidabile ed efficiente.
È evidente come le sfide di sostenibilità siano tante: la normativa si evolve rapidamente, i framework di riferimento sono in continuo aggiornamento e mancano ancora metodologie di misurazione universali. Inoltre, la sensibilità degli stakeholder verso i temi di sostenibilità incrementa costantemente, a dimostrazione che la compliance non è più sufficiente per essere competitivi.
Le aziende stanno dimostrando il loro impegno ma serve tempo: tempo per studiare i nuovi standard, per comprendere le metodologie più adatte da utilizzare, per reperire competenze specifiche ed implementare i giusti sistemi.
Nonostante le numerose criticità, misurare gli impatti è un processo fondamentale per almeno tre motivi:
1. Consapevolezza: per misurare gli impatti occorre svolgere una serie di analisi ed approfondimenti che consentono di rendersi conto dell’AS-IS aziendale ed identificare così criticità e punti di miglioramento;
2. Strategia: conoscere i propri impatti è necessario per indirizzare la strategia aziendale verso obiettivi di sostenibilità concreti. Integrare le strategie di mitigazione degli impatti all’interno del Piano Industriale dell’impresa è un tassello fondamentale per raggiungere i target prefissati;
3. Trasparenza: comunicare all’esterno i risultati raggiunti è una dimostrazione dell’impegno di sostenibilità dell’organizzazione e contribuisce a rafforzare la fiducia dei propri stakeholder.
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