La maggior parte dei Report per la responsabilità d’impresa includono informazioni sulla carbon footprint di un’azienda ed annessi ambiziosi obiettivi di riduzione. Tuttavia, sebbene le grandi aziende stiano compiendo progressi nella riduzione delle emissioni, alcuni esperti sostengono che il mondo del business stia nel complesso rimanendo indietro, evidenziando una vasta differenza fra le riduzioni attuali e quelle che gli scienziati stimano necessarie al fine di arrestare il riscaldamento del clima.
A giudicare dai risultati riportati, i progressi di alcune imprese sarebbero ragguardevoli. Quest’anno, il 78% delle aziende che hanno effettuato reporting per il Carbon Disclosure Project, comunica di aver integrato la voce “cambiamento climatico” nelle loro business strategy. Si tratta di un incremento del 10% rispetto al 2011.
Il CDP sfrutta il potere di 655 investitori istituzionali, con un patrimonio di 78 trilioni di dollari, al fine di persuadere le imprese a comunicare e gestire le loro emissioni. Gli obiettivi stabiliti sono disponibili al pubblico sia sul sito del CDP che altrove.
“Stabilire obiettivi comuni ha un impatto significativo, nel cercare di focalizzare il pensiero sul raggiungimento di essi”, afferma Paul Dickinson, executive chairman del CDP, nonché uno dei fondatori.
I recenti risultati del CDP non fanno che confermare questo punto di vista. Essi evidenziano che le imprese partecipanti al programma hanno ridotto le emissioni riportate dai 3,6 miliardi di tonnellate cube del 2009, ai 3,1 miliardi del corrente anno, l’equivalente di 138 milioni di auto in meno sulle strade.
Cionondimeno, altri dati mostrano che le aziende restano tristemente indietro quando si tratta di fare reporting sulla e ridurre la carbon footprint. Un terzo delle imprese nel CDP non hanno riportato alcuna riduzione delle emissioni.
Uno studio effettuato su 600 aziende dal Ceres, un network di investitori e gruppi ambientali, che si occupa di questioni quali il cambiamento climatico, ha messo in evidenza che solo un terzo di esse ha stabilito degli obiettivi.
“Ancora non abbiamo visto abbastanza imprese che abbiano almeno fissato obiettivi vincolanti nel tempo per le emissioni di gas serra”, commenta Mindy Lubber, presidentessa del Ceres. “Ci si attende che le imprese fissino degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra del 25%, entro il 2020, prendendo come riferimento il 2005. Non ancora molte imprese si ancora apprestate a raggiungere la meta.”
Le aziende che invece hanno stabilito degli standard hanno obiettivi che variano in relazione alle potenzialità (riduzioni in funzione delle relative rendite) ed obiettivi assoluti, da raggiungere in un tempo stabilito.
“Ci si deve focalizzare sul tipo di obiettivi che essi vanno stabilendo e decidere se siano o meno lungimiranti “, sostiene Boyd Cohen, climate strategist e co-autore di The Way Out: Kick-starting Capitalism to Save Our Economic Ass.
Cohen ritiene che molte imprese stabiliscano obiettivi retroattivamente oppure comunichino in modo selettivo, ad esempio riportando solo ciò che ritengano rappresentativo dei propri modelli di business. “Considerato che, con obiettivi più a lungo termine quali la riduzione complessiva delle emissioni del 50% entro il 2020, le imprese non potrebbero temporeggiare”, continua Cohen.
La mancanza di norme per il reporting si va a sommare alle difficoltà nel riuscire ad ottenere una chiara panoramica delle emissioni globali del settore aziendale. Il CDP si è dimostrato vincente da questo punto di vista, come punto di raccolta di informazioni provenienti da migliaia di imprese, relative alle loro emissioni di gas serra.
Non tutte le imprese del mondo partecipano al programma del CDP e sebbene esso risulti un’efficace piattaforma per la trasparenza circa le emissioni delle aziende, tuttavia non fornisce uno standard. Sebbene molte compagnie partecipino alla Global Reporting Initiative ed il movimento per il Report Integrato stia riscuotendo grandi consensi, non esistono format per il reporting universalmente riconosciuti, inerenti alle pratiche di sostenibilità.
Resta ancora da vedere se le imprese riusciranno a ridurre la carbon footprint in modo sufficiente da raggiungere il limite, che gli scienziati dicono essere necessario ad evitare ulteriori aumenti nelle temperature globali.
“Si tratta di produrre ogni cosa con il 10/15% dell’energia impiegata ora, operando necessariamente a quello stesso livello”, afferma Peter Lacy, managing director dei servizi per la sostenibilità di Accenture (consultancy), nell’area asiatica e del Pacifico. “Non lo si potrebbe definire altrimenti, se non Rivoluzione Industriale.”
Eppure, mentre le grandi compagnie hanno in atto ragguardevoli progressi nell’abbassamento delle loro emissioni, meccaniche di mercato, richieste degli azionisti e strategie imprenditoriali si concentrano sull’incremento nella produzione e vendita di beni e servizi.
Dickinson non ritiene tuttavia che ciò comporterà necessariamente un aumento nell’emissione di gas serra. Egli menziona piuttosto le eccezionali opportunità derivanti dall’impiego della tecnologia per ridurre le emissioni generate dal trasporto o l’eventualità secondo cui i venditori carbon efficient possano iniziare a sostituire quelli che non lo sono.
“Io mi dichiaro discretamente ottimista circa il possibile verificarsi di una crescita salutare in contemporanea alla riduzione delle emissioni di gas serra”, afferma Dickinson.
Lacy è invece meno ottimista: “A questo punto anche le imprese leader stanno percorrendo la via del cambiamento in salita, mentre il resto del mondo si dirige a sud” sostiene. “Noi disponiamo già ora della tecnologia, della conoscenza e della capacità di ampliare le soluzioni ed affrontare il problema”.
Fonte: una nostra libera traduzione di un articolo di Sarah Murray, The Financial Times, 26 Nov. 2012