La sostenibilità è ormai riconosciuta come un argomento di ampio rilievo sociale presso l’opinione pubblica e la collettività in generale.
Anche per il settore tessile, rappresentativo del nostro Made in Italy, la sostenibilità sta diventando un concetto che prende sempre più piede, come dimostra la campagna di sensibilizzazione “Toxic Threads – the big fashion stitch-up” promossa dalla nota associazione ambientalista Green Peace. In un ambiente socio-economico in cui si intravede una predisposizione alla green economy, si è fatta strada, da qualche tempo, l’inchiesta lanciata dagli “uomini in verde “ di Green Peace sull’utilizzo da parte di componenti della filiera delle grandi case di moda, di composti chimici che danneggiano l’ambiente e sono potenzialmente nocivi per la salute dell’uomo e di altri organismi.
Il report ha effettivamente messo in luce verità scomode e punti grigi lungo le supply chain di nomi illustri della moda internazionale, che sono stati invitati a fornire una spiegazione o, quantomeno a cercare di arginare i danni. Fra gli altri Benetton, Jack & Jones, Zara, Only, Vero Moda, Blažek, C & A, Diesel, Esprit, Gap, Armani, H & M, Levi, Victoria ‘s Secret, Mango, Marks & Spencer, Metersbonwe, Calvin Klein, Tommy Hilfiger, e Vancl.
A seguito della pubblicazione del Report “Toxic Threads”, c’è stato chi, chiamato in causa come Zara, ha firmato un accordo che prevede, in un orizzonte di medio lungo periodo, che vengano eliminate le sostanze tossiche da tutta la filiera produttiva, chiedendo, peraltro, a 20 fornitori di rivelare le loro emissioni da marzo. Tale richiesta verrà estesa ad altri 100 fornitori entro la fine del 2013. Un grande impegno, riconosciuto anche dalla stessa Green Peace, che ha replicato sostenendo che una tale responsabilità dovrebbe essere intrapresa da tutti gli interessati.
A questa iniziativa di sensibilizzazione è seguita un’ulteriore provocazione degli attivisti di Green Peace, che hanno rivestito con un guanto verde la scultura di Maurizio Catthan, situata in Piazza Affari, a Milano. Per spiegare il gesto, Green Peace riporta la notizia sul suo sito con l’articolo : “Un dito che indica la strada alla moda”.
Pur attribuendo alle iniziative di Green Peace il merito di sensibilizzare una vasta gamma di portatori di interesse rispetto ai temi legati all’ambiente, bisogna riconoscere che la filiera della moda è spesso lunga e complessa. Controllare che l’operato del piccolo fornitore presso cui spesso i grandi nomi delocalizzano la produzione sia conforme agli standard di sostenibilità, è un compito molto arduo e dispendioso, che porta le aziende a preferire soluzioni di breve termine piuttosto che puntare alla prosperità sostenibile che si raggiunge solo in un orizzonte temporale di medio-lungo periodo. Un orizzonte distante da questa congettura economica in forte crisi, in cui far fronte ai valori della sostenibilità può venire percepito come un aggravio ad un bilancio dall’utile scarno.
La strada verso la sostenibilità è ardua quindi, ma possibile, come vuole sottolineare la Camera nazionale della Moda Italiana con la pubblicazione del Manifesto della Sostenibilità. Si tratta di un documento organizzato per fasi della catena del valore, cui si aggiungono alcuni principi “orizzontali”. Il Manifesto incorpora anche alcune specifiche che possono essere utilizzate dalle imprese come guida e benchmark per le scelte strategiche e operative.
La creazione del Manifesto dimostra la volontà da parte del settore tessile di dotarsi di una “coscienza verde”, attenta alla sostenibilità dei processi di produzione e alla qualità delle materie prime, investendo anche sul riciclo. Elementi, questi, che possono essere migliorati sotto molteplici aspetti, fra i quali:
- riduzione delle esternalità negative legate al processo produttivo (quale prima e generale ammenda),
- attenzione alla scelta delle materie prime da un punto di vista ambientale e sociale,
- investimenti su fonti energetiche rinnovabili,
- razionalizzazione del consumo delle risorse,
- adozione di un Bilancio di Sostenibilità, o Report Integrato, quale forma di rendicontazione completa che metta in evidenza la capacità di produrre utili in un’ottica di sviluppo sostenibile e responsabilità sociale dell’impresa.
Un altro fattore molto rilevante è costituito dall’educazione del consumatore non sempre conscio dell’importanza di una produzione attenta non solo alla qualità del prodotto, ma anche alle tematiche sociali ed ambientali. Alcune case di moda, a tale scopo, hanno dedicato al tema una sezione del proprio sito web; ciò permette al cliente di avere maggiori informazioni sui prodotti e di portare a termine un acquisto più responsabile e non legato al mero fattore del prezzo.
“La terra è lo strumento della ricchezza: tuttavia la ricchezza non può esistere senza l’industria ed il lavoro umano che modificano, dividono, collegano e combinano i diversi prodotti della terra, in modo da renderli adatti al consumo dell’uomo.”
Adam Smith