Di seguito proponiamo una nostra traduzione dell’intervista che Benedetta Francesconi (Dirigente del Ministero dello Sviluppo Economico, Direzione Generale per la politica industriale e la Competitività) ha rilasciato al quotidiano britannico Guardian, sulla promozione della sostenibilità nella supply chain del tessile.
Storicamente, il settore tessile ha giocato un ruolo importante per l’economia italiana e, nel 2011, comprendeva 31.350 aziende che davano lavoro ad oltre 222.000 dipendenti. Tuttavia, come altri settori produttivi, anche quello dell’abbigliamento deve confrontarsi con importanti problematiche di sostenibilità lungo la catena di fornitura (come ha dimostrato il coinvolgimento di alcune aziende italiane nella disgrazia del Rana Plaza).
Considerato il ruolo strategico di questo settore, nel settembre 2013, il Governo italiano ha implementato un Piano d’azione sul Bangladesh per promuovere una condotta di business responsabile lungo la catena di fornitura dei prodotti tessili e di abbigliamento. Il Piano è stato sviluppato dall’Ufficio PCN Italia Punto di Contatto Nazionale per la diffusione delle linee guida OCSE sulle responsabilità sociale delle imprese in seno al Ministero dello Sviluppo Economico.
Benedetta Francesconi, responsabile del Segretariato del PCN presso il MiSE, descrive il piano d’azione.
Perchè il governo italiano ha deciso di adottare il piano d’azione per il Bangladesh?
Le attività del PCN si basano sulla dichiarazione condivisa dai Punti di Contatto Nazionali dei governi aderenti alle linee guida OCSE per le multinazionali, firmata il 25 giugno 2013. Riconoscendo che l’abbandono della produzione in Bangladesh potrebbe ulteriormente peggiorare la situazione dei lavoratori nelle fabbriche, i Punti di Contatto hanno sottolineato l’importanza delle linee guida OCSE, così come la necessità di agire a livello nazionale per definire strategie e best practice volte all’implementazione di una analisi del rischio lungo la catena di fornitura dell’abbigliamento. A seguito della dichiarazione congiunta, il PCN Italia ha rilasciato, lo scorso 29 settembre 2013, il Piano d’azione per il Bangladesh che mira a spingere le aziende tessili italiane ad adottare e rafforzare i loro processi di due diligence nella catena di fornitura, ad impegnarsi in iniziative multi-stakeholder e a conformarsi agli accordi quadro internazionali.
Quali sono gli elementi chiave del Piano d’azione e quali sono le aspettative nei confronti delle aziende italiane?
Il Piano d’azione si sviluppa su due linee. La prima riguarda il coinvolgimento delle aziende tessili italiane che operano in Bangladesh allo scopo di sensibilizzarle rispetto alla gestione dei fornitori, alle iniziative internazionali (come l’ Accord on fire and building safety in Bangladesh) e alle opportunità esistenti per l’assistenza e la formazione. La seconda è volta all’identificazione delle problematiche comuni e delle sfide che si presentano nei settori tessile e dell’abbigliamento, per valutare quali possano essere le soluzioni.
Uno dei principali risultati del Piano d’azione in Bangladesh è il Report on responsible business conduct in the textile and garment supply chain, sviluppato dopo importanti consultazioni con tutti i principali stakeholder, fra cui le imprese, le associazioni di categoria e dei consumatori, i sindacati, le ONG, e le Organizzazioni dell’ONU. Il report, che costituirà un riferimento per il lavoro futuro dell’OCSE nell’ambito del settore tessile, include raccomandazioni per aiutare le aziende ad aderire alle linee guida OCSE e a trovare soluzioni efficaci a problemi complessi riguardanti la gestione della catena di fornitura. Tutti gli sforzi del PCN Italia puntano ad un approccio preventivo, piuttosto che reattivo, che include azioni collegiali con cui affrontare problemi sistemici. Ciò implica un impegno verso una condotta di business responsabile che si basi sulle linee guida OCSE, sulle principali convenzioni ILO e sui principi guida ONU sui Diritti Umani. Da un punto di vista più operativo, il PCN Italia invita le aziende ad aderire e a fondare piattaforme multi-stakeholder con cui avviare azioni collettive e stabilire standard di settore comuni che coprano diversi problemi di sostenibilità presenti nella supply chain. Il PCN continuerà a lavorare all’implementazione del Piano d’azione a livello nazionale ed internazionale, in cooperazione con l’OCSE e con altre organizzazioni internazionali come l’ILO e l’UNICEF, e dialogando continuamente con le aziende e gli altri stakeholder.
Esistono altre misure intraprese dal governo per incoraggiare le imprese a promuovere i diritti dei fanciulli nelle catene di fornitura globali, fra le quali quella dell’abbigliamento?
Il report contiene un riferimento esplicito alle attività svolte dall’UNICEF in Bangladesh. In particolare, sottolinea l’iniziativa multi-stakeholder che l’UNICEF lancia nel 2015 al fine di promuovere pratiche di business a misura di minore nel settore dell’abbigliamento in Bangladesh, in collaborazione con le imprese internazionali, le fabbriche locali, le organizzazioni della società civile e le agenzie governative. Inoltre, il PCN Italia ha recentemente firmato un memorandum d’intesa con il Comitato Italiano per l’UNICEF per sensibilizzare le aziende italiane sui loro impatti diretti ed indiretti sui diritti dei bambini e supporterà gli sforzi del Comitato Italiano per istituire laboratori tematici e di settore in cui le aziende possano condividere esperienze e migliorare la loro comprensione e la loro capacità di rispondere alle questioni dei diritti dei minori nelle operazioni globali e relazioni di business.
Credit: Theguardian.com