Quello del Capitale Umano è uno dei temi più attuali e vivaci nel dibattito della moderna analisi aziendale.
Che produttività, motivazione e potenzialità del personale siano tra i fattori essenziali per il successo dell’azienda è indiscusso. Da questi dipendono non solo la qualità dell’offerta di prodotti e servizi, la soddisfazione dei clienti e l’innovazione, ma anche la profittabilità e la capacità di sfruttare le opportunità di mercato – in una parola la sostenibilità della crescita e competitività dell’azienda.
Ad un’indagine più attenta tuttavia emerge spesso una realtà dei fatti ben diversa che costituisce quasi un paradosso al riconoscimento del suo valore. Nel quadro che si profila infatti il contributo del Capitale Umano al successo dell’azienda è spesso definito vagamente, la gestione in molti casi tutt’altro che strategica e il suo reporting ancora tutto da definire.
Riconoscimenti d’importanza di principio contrastano dunque con una visione predominante del Capitale Umano principalmente come fattore di costo con la conseguenza che viene spesso identificato tra i primi imputati di una situazione di scarsa efficienza operativa ed è oggetto di attenzione nelle fasi di ristrutturazioni aziendali.
Per evitare questi facili pericoli può essere opportuno, ogni tanto, arrestare la corsa e fermarsi almeno un momento a riflettere questo significa: prima di fare il punto sullo stato dell’arte delle soluzioni, dedicare un momento di attenzione ai principi a cui quelle soluzioni dovrebbero ispirarsi. E’ un esercizio utile, perché può consentire di giudicare più consapevolmente la qualità dei modelli proposti, di evitare equivoci in cui spesso il dibattito cade e di allontanarsi da strade destinate a risolversi in un vicolo cieco.
Il testo è tratto dal libro “CAPITALE UMANO e performance di business. Misurare il ROI del Capitale Umano” scritto dal nostro collaboratore Andrea Gasperini e da Nadia Raso.
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