Il 24 febbraio, l’ente regolatore del settore bancario cinese ha pubblicato le Linee Guida per il Credito Verde, assicurando così la leadership cinese nell’avanzamento di principi ambientali e relative regole nel settore bancario. Le linee guida, che coprono unicamente la finanza di progetto e la finanza d’impresa, sono obbligatorie e gettano le basi per la supervisione della gestione da parte del settore finanziario di questioni ambientali, che sono esplicitamente legate agli accordi di licenza. Nonostante la loro implementazione rappresenterà un processo lento e complicato, l’importanza di questa scelta rimane inopinabile.
Il fatto che la Cina abbia assunto un comportamento sostenibile dovrebbe essere interpretato come “grande mossa di greenwashing” o, nel migliore dei casi, come un’attività di rilevanza marginale per il comportamento aziendale e per lo sviluppo della Cina? Oppure questo comportamento potrebbe essere parte di una strategia sostenibile per portare il paese a diventare un’economia leader a livello mondiale sia per attitudine verde che per inclusività?
Le evidenze mostrano che, nonostante ci siano inevitabilmente esempi del primo tipo, che poi sono ampiamente comparabili ad altre esperienze a livello internazionale, la seconda opzione descrive meglio gli sviluppi attuali. Pratiche di business responsabili e verdi sono il precursore della stabilità interna della nazione cinese, per la sua autorità morale quale super-potenza emergente che spera in un’economia globale più sostenibile, dato che al momento è in caduta libera dal punto di vista ambientale.
Queste premesse trovano riscontro nel dodicesimo piano quinquennale cinese, che stabilisce intenzioni ambiziose per l’avanzamento di un’economia interna più bilanciata. Infatti, viene dichirarato l’impegno ad investire una somma pari a 450 miliardi di US$ in protezione ambientale e circa 450 miliardi di US$ per investimenti in energia sostenibile. Insieme ai parametri macroeconomici e fiscali, il governo cinese ha aumentato anche le aspettative normative sul business. Nel 2007, il Ministero del Commercio ha emanato una circolare sul miglioramento della sorveglianza ambientale sulle imprese esportatrici, per inibire le possibilità di commercio con l’estero alle imprese socialmente irresponsabili. Nel 2008, la commissione del consiglio di stato per la supervisione e amministrazione dei beni statali ha pubblicato le linee guida per l’adempimento della CSR da parte delle imprese di livello centrale. Queste linee guida, che sono obbligatorie a tutti gli effetti, presentano la CSR come un modo per le aziende statali di contribuire agli obiettivi di sviluppo nazionale cinese.
A livello internazionale, in qualità di membro del Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, la Cina ha approvato le linee guida ONU sul business e i diritti umani, che offrono un framework di principi riguardanti il dovere degli stati di tutelare i diritti umani, la responsabilità delle aziende di rispettare i diritti umani, e la necessità di porre rimedio ad abusi riconducibili a comportamenti aziendali. A dispetto della diffidenza del Paese nei confronti degli standard internazionali, ha finalmente firmato il nuovo framework per la CSR dell’ISO, l’ISO 26000, con la volontà di adottarlo quale standard internazionale.
Ciò nonostante, esistono prove evidenti di pratiche ambientali davvero discutibili, alcune delle quali hanno avuto visibilità internazionale, come le terribili condizioni lavorative nello stabilimento della Foxconn, il principale fornitore di Apple. La Cina ha un punteggio di 3.6 su 10 nell’Indice Internazionale sulla Percezione della Corruzione, posizionandosi fra altri paesi BRICS, sopra l’India e la Russia e sotto il Brasile e il Sudafrica, e certamente, l’economia cinese non è un paradiso della sostenibilità. Eppure, allo stesso tempo, i cittadini manifestano contro le carenze riguardanti la salute e la sicurezza e il risveglio della società civile è documentato dalle 400’000 ONG cinesi che sono state registrate nel 2008.
In definitiva, il successo della Cina per quanto riguarda la crescita sostenibile dipenderà anche dalla politica statale, che sarà essenziale per indurre un comportamento aziendale più responsabile e per rendere le catene di valore globale e gli investimenti un po’ più verdi. Inoltre, le pratiche efficaci che possono essere soppesate hanno un valore crescente nello sviluppo e nella pianificazione delle politiche cinesi, e ciò apre a grandi opportunità anche per attori non statali, incluse le aziende internazionali e le ONG di avere voce nel percorso cinese verso la sostenibilità.
Da un articolo di Simon Zadek