CSRD per le PMI quotate (e non): sfide, opportunità e standard semplificati

L’evoluzione del panorama normativo europeo nel settore della sostenibilità ha registrato un nuovo capitolo con l’introduzione della Direttiva (UE) 2022/2464 del Parlamento europeo sul reporting di sostenibilità, nota anche come Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD). Questa direttiva segna un importante passo avanti rispetto alla precedente Direttiva 2013/34/UE, la quale disciplinava l’obbligo di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario per gli enti di interesse pubblico, quali banche, assicurazioni e imprese di grandi dimensioni quotate in Italia, dove la normativa è stata recepita attraverso il Decreto Legislativo 254/16.

Tempi di implementazione

La nuova direttiva (UE) 2022/2464 del Parlamento europeo sul reporting  di sostenibilità (CSRD)  va a modificare la Direttiva 2013/34/UE (in Italia attuata dal D.Lgs. 254/16), concernente l’obbligo di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario per gli enti di interesse pubblico (banche, assicurazioni, imprese di grandi dimensioni quotate).

La CSRD, entrata ufficialmente in vigore il 5 gennaio 2023,  introduce diverse novità, tra le quali, l’obbligo del Bilancio di Sostenibilità anche per le grandi imprese non quotate e le   piccole e medie imprese (PMI) quotate che, con il D.Lgs. 254/16, erano escluse da tale cogenza. Gli stati membri dell’Unione Europea hanno 18 mesi da tale data per recepire le nuove disposizioni nella legislazione nazionale (entro, quindi, luglio 2024).

In particolare, le PMI quotate saranno chiamate a pubblicare il proprio Report di sostenibilità dal 1° gennaio 2026 sull’esercizio 2027 (con possibilità di estensione al 2028).

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Le principali difficoltà per le PMI

La nuova direttiva chiede alle grandi imprese di identificare e valutare gli impatti delle proprie attività sui fattori ESG lungo l’intera catena del valore. Ciò significa considerare nel proprio Impact Assessment sia le imprese con cui collabora a monte (fornitori) che a valle (clienti). 

E’ chiaro, quindi, come la misurazione, il monitoraggio e la relazione sulle performance ESG saranno richiesti anche alle PMI (quotate e non), che spesso costituiscono la rete di approvvigionamento per le grandi aziende. Di conseguenza, le PMI diventeranno inevitabilmente parte integrante di questo processo di cambiamento sostenibile. 

  1. La sfida principale per queste piccole-medie realtà sarà quindi quello di adottare un sistema di raccolta e misurazione dei dati che sia affidabile e che consenta il controllo delle prestazioni ESG ai fini della pianificazione strategica e del “target setting”;
  2. Oltre alla difficoltà legata alla reperibilità dei dati ESG, emerge quella dovuta alla carenza/assenza di competenze e di personale qualificato in materia di sostenibilità di cui dispongono le PMI. Le aziende dovranno quindi valutare se sviluppare internamente le competenze o acquisirle esternamente (tramite consulenti o nuove assunzioni).
  3. Un’ulteriore sfida per l’azienda, connessa all’assenza di competenze, è la mancanza di consapevolezza e la carenza di formazione specifica in materia di sostenibilità. 

Un approccio più flessibile per le PMI: principio di proporzionalità e standard semplificati 

In risposta alle preoccupazioni espresse dalle imprese europee riguardo le molte difficoltà a cui dovranno far fronte per adeguarsi alla nuova direttiva, la Commissione ha rivisto la prima bozza degli European Sustainability Reporting Standard (ESRS) che andranno applicati. L’obiettivo è quello di offrire alle PMI un approccio proporzionale alle dimensioni e caratteristiche dell’impresa e graduale ai requisiti di rendicontazione ambientali e sociali, in particolare quelli non strettamente legati alla crisi climatica e non prioritari per l’azienda.  

Ad esempio, secondo il principio di proporzionalità, alle PMI della catena di fornitura potranno essere richieste informazioni di sostenibilità dall’azienda capo-filiera se ragionevoli, secondo la regola degli standard di reporting semplificati (Draft ESRS for Llisted Small and Medium Enterprises – LSME – e Voluntary Draft ESRS for SMEs outside CSRD – VSME).

ESRS for Llisted Small and Medium Enterprises – LSME

Gli standard per le PMI quotate (ESRS LSME) saranno emessi come atto delegato e entreranno in vigore il 1° gennaio 2026i. Lo scopo dell’ESRS LSME è quello di stabilire requisiti di rendicontazione proporzionati e pertinenti alla portata e alla complessità delle attività e alle capacità e caratteristiche delle PMI quotate interessate. Si prevede che ciò aiuterà queste imprese ad ottenere un migliore accesso ai finanziamenti e favorire l’attrattività degli investitori nei mercati finanziari, poiché consentirà la disponibilità di informazioni standardizzate sulla sostenibilità.

L’attuale bozza degli ESRS LSME prevede solo tre sezioni: «1. Requisiti generali», «2. Informativa generale» e «3. Politiche, azioni e obiettivi», e tre sezioni dedicate ai parametri, «4. Ambiente», «5. Sociale» e «6. Condotta commerciale».

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Voluntary ESRS for Not-Llisted Small and Medium Enterprises – VSME

L’EFRAG ha inoltre sviluppato uno standard volontario di rendicontazione sulla sostenibilità per le PMI non quotate (VSME), sempre con l’obiettivo di supportarle nell’accesso a finanziamenti ed evitare la loro discriminazione per l’assenza di dati ESG standardizzate. Questi standard si propongono come un semplice strumento di reporting per rispondere alle richieste di informazioni sulla sostenibilità che ricevono dalle controparti aziendali (ad esempio, banche, investitori o società più grandi di cui sono fornitori) in modo efficiente e proporzionato, nonché per facilitare la loro partecipazione alla transizione verso un’economia sostenibile

L’attuale bozza degli ESRS VSME  è strutturata in un Modulo Base e in due moduli opzionali aggiuntivi: un Modulo narrativo su Politiche, Azioni e Obiettivi (PAT) e un Modulo Business Partners. 

Sono aperte le consultazioni pubbliche per ricevere feedback sugli aspetti chiave di questi ESRS semplificati; pertanto, ci si aspettano ulteriori modifiche ed aggiornamenti nei prossimi mesi.

Conclusioni: dalle sfide alle opportunità della CSRD

La CSRD impone alle aziende un cambio di rotta che si concretizza in un impegno di risorse umane, intellettuali ed economico-finanziarie che non è banale e che non tutti sono pronti a fare. Le sfide sono tante, ma altrettanto importanti sono i benefici che derivano dall’implementazione della sostenibilità in azienda. 

Allinearsi quanto prima alla nuova direttiva di reporting è fondamentale per:

  • arrivare preparati alla propria rendicontazione di sostenibilità, prevista per il 2026, ed evitare potenziali sanzioni previste dalla normativa;
  • fornire dati affidabili in fase di “assurance”, prevista obbligatoriamente dalla CSRD, ed ottenere così una relazione di conformità;
  • soddisfare le richieste informative di sostenibilità da parte dei propri clienti ed altre controparti (banche, investitori,..).

E’ necessario muoversi  in questa direzione, non solo per essere compliance, ma soprattutto perché le imprese, grandi e piccole che siano, devono dare il proprio contributo nel percorso di transizione ecologica.

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