Modello 231 e Responsabilità Sociale d’Impresa possono essere considerati strumenti complementari. Nell’articolo si evidenziano le peculiarità dei due strumenti, le correlazioni e alcuni documenti a supporto.
Il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo ex d.lgs. 231/01
Il Modello 231 rappresenta senza dubbio una novità e si pone in “rottura” con i modelli preesistenti, in quanto costituisce un superamento del classico principio sulla responsabilità penale delle persone giuridiche per cui “societas delinquere non potest”. La responsabilità amministrativa dell’impresa appartiene, dunque, all’ordinamento legislativo ed evolve con questo. Lo comprovano le integrazioni delle ipotesi di responsabilità degli enti, per illeciti amministrativi dipendenti da reato, intervenute dopo l’emanazione del D.lgs. 231, come ad esempio il reato connesso alla tematica della salute e sicurezza sul luogo di lavoro, oggetto del precedente articolo.
La Responsabilità Sociale d’Impresa
Possiamo affermare che la Responsabilità Sociale dell’Impresa (anche RSI) appartiene ad un’altra dimensione. Infatti parlare di RSI, significa parlare di un’azione volontaria che attiene alla cultura gestionale propria dell’impresa, ai valori e principi di riferimento che guidano il suo operato. Secondo la definizione contenuta nel Libro Verde della Comunità Europea del luglio 2001, con il termine RSI si intende
l’integrazione su base volontaria da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.
Essa costituisce quindi una tensione dell’impresa a soddisfare in misura sempre crescente, andando oltre agli obblighi di legge, le legittime attese sociali e ambientali, unitamente a quelle economiche, dei vari portatori di interesse interni ed esterni, mediante lo svolgimento delle proprie attività.
Sostanzialmente, quindi, si possono individuare tre elementi attorno ai quali ruota e si sviluppa il concetto di RSI:
- la volontarietà delle iniziative: non esiste alcun vincolo normativo che impone alle imprese di impegnarsi in modo trasparente e responsabile nell’adozione di iniziative e comportamenti non strettamente legati a strategie di business o di marketing;
- l’attenzione alle operazioni commerciali e quindi ai rapporti con i consumatori e con il mercato inteso in senso ampio, come luogo di relazioni tra l’impresa e altri differenti soggetti (es. clienti, partner, fornitori, concorrenti);
- il coinvolgimento di tutti gli stakeholders rilevanti per l’impresa: la RSI è concepita come un insieme di politiche e programmi che vengono integrati in tutte le operazioni economiche e processi decisionali, coinvolgendo i soggetti che a vario titolo sono interessati all’attività dell’impresa, sia in qualità di destinatari sia di partner attivi. La RSI così intesa coinvolge un ampio ventaglio di parti interessate.
Correlazione tra Modello 231 e Responsabilità Sociale d’Impresa
In quest’ottica, pur avendo affermato che la RSI appartiene ad un’altra dimensione rispetto a quella nella quale si è sviluppato il Modello, essa però può diventare un’efficace strategia propedeutica ad una più facile ed efficace attivazione del Modello 231. Tali dimensioni diverse, possono comunque influenzarsi, perché l’impresa non solo può soddisfare pienamente gli obblighi giuridici previsti dalla legge, ma andare oltre, investendo in altre risorse quali il capitale umano, l’ambiente e i rapporti con gli stakeholder.
Conseguentemente le azioni socialmente responsabili avranno, ad esempio, importanti riflessi sui dipendenti (in termini di miglioramento della produttività e del clima aziendale) e sulla gestione degli aspetti ambientali e delle risorse naturali (in termini di una migliore razionalizzazione delle fonti energetiche utilizzate e di una conseguente diminuzione dei costi).
Inoltre, a testimonianza di questa correlazione tra Modello 231 e RSI, possiamo notare che esistono alcuni documenti tipici dell’approccio alla Responsabilità Sociale, utilizzati per implementare il Modello 231.
Il codice Etico
Considerato l’obiettivo del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo ex D.lgs. 231/2001 di permettere la consapevole e concreta gestione del rischio, mediante l’individuazione delle attività a rischio di reato e la loro conseguente regolamentazione attraverso procedure, possiamo rilevare che il Codice Etico è uno strumento in grado di perseguire al meglio tali obiettivi. Il Codice Etico è infatti una strumento propedeutico all’attivazione del Modello, ispirato ai valori di legalità, correttezza, trasparenza e rispetto della dignità della persona. Esso ha lo specifico obiettivo di assicurare che i valori etici ed i risultati della società siano chiaramente definiti e costituisce l’elemento base della cultura aziendale, nonché lo standard di comportamento di tutti i collaboratori della Società nella conduzione delle attività e degli affari aziendali. E’ interessante notare che la conseguente procedura sanzionatoria e disciplinare, in relazione alle violazione del codice etico, ha l’obiettivo di scoraggiare pratiche scorrette e/o illecite da parte del personale della società e degli altri destinatari, punendo comportamenti che integrano la violazione del Modello 231 e dei Protocolli finalizzati a garantire un corretto e lecito comportamento nello svolgimento delle prestazioni lavorative o contrattuali.
Il Codice Etico si inserisce, quindi, nel quadro dell’attuazione delle previsioni del D.lgs. 231/2001, dettando i principi generali di gestione, vigilanza e controllo cui i modelli di organizzazione devono ispirarsi. Non bisogna infatti dimenticare che l’analisi del Codice Etico costituisce un’azione fondamentale per realizzare la mappatura del rischio aziendale, prevista per implementare il Modello 231.
Il Codice costituisce quindi uno “strumento responsabile” complementare che propone una serie di linee guida a cui si devono ispirare i comportamenti dei membri dell’azienda, affinché possa essere realmente responsabile verso i propri stakeholder.
In particolare, il D.lgs. 231/2001 all’art. 6 fa riferimento all’adozione di un Codice di Comportamento con il quale si intende “un insieme di regole che definiscono le responsabilità ed i comportamenti per individui o organizzazioni (come per esempio i codici deontologici o i codici che garantiscono la correttezza nello svolgimento degli affari)”. Inoltre, nelle Linee Guida di Confindustria, relative all’adeguamento da parte delle imprese al D.lgs. 231/2001, si propone l’adozione di un Codice Etico o di un Codice di Comportamento, promuovendoli come alcuni degli elementi qualificanti del Modello Organizzativo e Gestionale (MOG).
Responsabilità Sociale d’Impresa e reato di contraffazione
Un altro interessante elemento da analizzare è la relazione tra la RSI ed il reato presupposto della contraffazione legata al Made in Italy (termine indicante il processo di rivalutazione della produzione artigianale e industriale italiana che ha spesso portato i prodotti italiani ad eccellere nella competizione commerciale internazionale).
Il Made in Italy costituisce una grande opportunità per lo sviluppo delle imprese italiane, un punto di forza da implementare e quindi sfruttare e che funge da motore propulsore per tutto il sistema imprenditoriale.
E’ dunque necessario che le piccole e medie imprese, per competere con successo nel panorama economico mondiale, investano sugli assi portanti del Made in Italy e cioè nelle conoscenze ed abilità delle risorse umane, nell’immagine aziendale ed estetica dei prodotti, nella conoscenza ed infine nella tecnologia. In tal senso, la RSI rappresenta, senza ombra di dubbio, una linea strategica vincente in grado di rafforzare e sviluppare il Made in Italy in quanto politiche di RSI intervengono sui fattori sui quali si fonda il Marchio, implementandoli: incrementano l’innovazione organizzativa, la ricerca continua di nuovi livelli qualitativi dei prodotti/servizi.
Inoltre, politiche di RSI, destinate alle persone che lavorano in azienda, migliorano le loro conoscenze e abilità, attirano i migliori talenti, ampliano il valore dell’impresa sul mercato e sviluppano la condivisione della conoscenza in azienda.
Per quanto concerne la tutela del Made in Italy, unitamente ad una serie di norme predisposte ad hoc, possiamo infine notare che essa è fatta rientrare all’interno del reato di “contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni” (art. 473 c.p), previsto dal modello 231/2001, ad indicare ancora una volta un legame tra RSI e Modello 231.
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